Nota dell'autrice:
Questa ff è nata come seguito di “Luci ed Ombre del mio Amore”: per questo troverete, specialmente all’inizio della narrazione, molti riferimenti o frasi inerenti alla suddetta ff. Forse è un po’ strano come seguito, visto che la trama è molto più lunga e intrinseca; spero comunque che vi piaccia. Voglio ringraziare anticipamene tutti coloro che mi hanno dato una mano e che mi hanno appoggiato durante la creazione di questa ff: ringrazio innanzi tutto Alex per la sua gentilezza e disponibilità, Silvia, Laura, Cinzia e per ultima, ma non meno importante, mia sorellina Federica che mi ha rallegrato nei momenti in cui mi ‘bloccavo’; bando alle ciance: vi lascio alla lettura.
 
Fantasmi dal Passato
IV° parte
 
 
Rientrato dal balcone, André si distese sul letto, con le mani dietro la nuca. Non riusciva a smettere di pensare a quello che Oscar gli aveva detto. Era incredibile. Oscar è una persona di buon cuore, altruista e generosa, ma perdonargli ciò che aveva fatto era per lui impossibile: Oscar era troppo orgogliosa. Cercò di distrarsi e prese un libro di poesie che solitamente teneva sul comodino. Iniziò a leggere (1): 
 
“Illusioni ”
Quel vento tra i capelli,
l’illusione d’averti accanto;
sei deserto…
che dilegui dentro me.
Le tue labbra…
Due petali di rose
Come se un angelo te li avesse posati
Sul candido e rosato viso.
Il mio amore così immenso…
Il mondo non conosce sentimento
Più grande.
 
Richiuse il libro e, sorridendo ironicamente di se stesso e del destino, decise di posarlo dov’era prima.
Si sedette sul letto, si tolse gli stivali e li posò accanto al letto; si tolse la camicia e i pantaloni. Si mise sotto le coperte girandosi di fianco. Era impossibile dormire: il pensiero di Oscar non lo abbandonava.

Nello stesso momento anche Oscar era coricata. Aveva indossato la camicia di André come se fosse una protezione; pensò per un istante al suo amico, chiedendosi cosa stessa facendo. Non si erano neanche salutati: chissà cosa aveva pensato vedendola andare via. Prima di riuscire a trovare una risposta, si abbandonò al sonno.
“Oscar… Oscar…” diceva una voce “… vieni…”. Oscar si alzò, aprì la porta della sua camera e iniziò a percorrere lunghi corridoi. “Oscar, sono qui…” “Dove sei? Perché non ti fai vedere?”. Delle braccia possenti la cinsero da dietro. Oscar trattenne il respiro: era in preda al panico più totale. La presenza dietro di lei la fece voltare: un volto si intravedeva, un volto… conosciuto, amico… “André! Ma..!” lui la mise a tacere con un languido bacio al quale Oscar non tardò a rispondere. Improvvisamente si trovò sul letto; André sopra di lei, l’accarezzava e la baciava sussurrandole parole d’amore. I baci, le carezze, le parole, la confondevano e le impedivano di ragionare razionalmente; non capiva più cosa stesse facendo “Ti… amo…” disse lei.
Oscar si svegliò; i capelli scompigliati, le lenzuola spiegazzate.
“Che… cosa…?”
Si alzò dal letto e andò nella stanza accanto che fungeva da bagno per lavarsi il viso. Si guardò:
“Ma cosa mi sta succedendo?!” poi, come se ricordasse qualcosa da lungo tempo dimenticata “E’ possibile che… che io mi sia innamorata di André, a tal punto da desiderarlo?”.
La rivelazione la sconvolse così tanto che dovette sedersi.
“Starò per un po’ di tempo qui in Normandia. Ci vogliono ancora due settimane prima che assuma il nuovo comando; manderò una lettera a mio padre per avvisarlo della mia decisione”.
Prese un foglio di carta, penna e calamaio e iniziò a scrivere:
Caro Padre,
forse non dovrei mandarvi questa lettera dopo la reazione che avete avuto nel sapere della mia decisione; vi comunico che rimarrò qui in Normandia più del previsto perché ho bisogno di riposarmi. Non ci dovrebbero essere problemi a Versailles visto che assumerò il comando delle truppe dei Soldati della Guardia il 15 aprile, fra due settimane circa. Dite a Nanny di non preoccuparsi.
 
                                                                       Au Revoir
                                                                                     Oscar
 

La lettera arrivò a Palazzo Jarjayes tramite un messaggero esattamente due giorni dopo. André, dopo aver saputo dell’arrivo della lettera di Oscar, aveva chiesto alla nonna di fargliela leggere. La prese tra le mani e salì in fretta nella sua camera: chissà se aveva scritto anche di lui, se gli aveva mandato un messaggio. Niente, Oscar non aveva neanche minimamente parlato di lui nella lettera.
“In fin dei conti, che cosa mi aspettavo? Che mi dicesse che gli manco?”.

I giorni passavano e Oscar, durante le sue cavalcate e le sue passeggiate in riva del mare, aveva avuto modo di riflettere e di capire cosa provava o meglio, cosa stava cominciando a provare per il suo migliore amico. Durante la notte, si ritrovava spesso a pensare a lui, a desiderare di volerlo accanto a sé.
“Non ci sono dubbi, sono proprio innamorata” si disse una notte. Era un po’ strano parlare di André e di Amore allo stesso tempo; certo, da sempre Oscar era stata in sua compagnia ed era ovvio che tra i due ci fosse un sentimento forte, ma l’amore… era un po’ strano, forse. Molto spesso, guardandosi allo specchio, si chiedeva se quella donna riflessa fosse lei o qualcun’altra che le avesse rubato la sua immagine.

I giorni passarono in fretta. Oscar, su César, galoppava veloce: non vedeva l’ora di tornare a casa e riabbracciare tutti, riabbracciare André. Quelle due settimane erano state un supplizio per lei ma aveva comunque voluto rimanere perché doveva abituarsi a convivere con i suoi sentimenti, che all’inizio la spaventavano. Ma adesso stava bene e César correva come impazzito verso Palazzo Jarjayes. Era partita un giorno prima rispetto alla data prestabilita perché non poteva più resistere ed inoltre perché voleva fare una sorpresa a tutti. Il tiepido sole primaverile la riscaldava mentre i pensieri e i ricordi tornavano come per magia da un lontano passato troppo a lungo dimenticato. Le risate cristalline di due bambini che giocavano a rincorrersi attorno ad una maestosa quercia, le gambe imperlate d schizzi d’acqua a causa del cavalcare in mezzo ai piccoli ruscelli. 
“Avanti César corri, corri più forte che puoi!” (2)

André quella mattina si era alzato molto presto; la giornata che si prospettava a nascere doveva essere bellissima a giudicare dal cielo limpido e sgombro di nubi. A Parigi, mentre commissionava alcuni libri per il Generale, aveva per caso incontrato Alain. Parlarono per un po’:
“Sai André, la mia piccola Diane si sposa”
“Davvero?”
“Si. Un tizio, un nobile decaduto, ha chiesto la sua mano”
“Sono contento per te, Alain”
“Ma che contento! Mi porteranno via Diane; dovrei essere contento secondo te? A proposito, come vanno le cose con Oscar?”
“ Come vuoi che vadano; due settimane fa è partita per la Normandia”
“André, tu sei proprio fissato con questa Oscar: scommetto che non hai mai…”
“No” rispose con un filo di imbarazzo
“Non preoccuparti, non c’è niente di male; non è facile per un uomo resistere a certi impulsi” disse dandogli una pacca sulla spalla “vuol dire che il tuo è vero amore”.
Si salutarono e ognuno se ne andò per la sua strada.
André tornò a palazzo, consegnò i libri ad una cameriera, che si sarebbe preoccupata di sistemarli. Chiese a Nanny se aveva bisogno di lui per qualche cosa:
“Sei sempre uno scansafatiche! No, non ho bisogno di te, comunque vedi che fra qualche ora il pranzo sarà servito, quindi non ti allontanare”
“No nonna, stai tranquilla” disse sorridendo per la reazione di sua nonna.
Uscì all’aperto e fece un lungo respiro:
“Non vedo l’ora che sia domani”.
Montò Artaq e lentamente si allontanò dal palazzo per fare una passeggiata: solo in poche occasioni si era ritrovato a cavalcare da solo, forse tre o quattro volte, perché era sempre insieme ad Oscar. Mandò il cavallo al galoppo. Corse per lungo tempo, attraversando verdi prati fino a quando vide una figura in lontananza, una figura in movimento… su un cavallo.
“Ma è mai possibile che…? Che sia proprio…?” disse mentre il suo cuore cominciava a battere più velocemente. Si avvicinò per vedere meglio: si, era proprio lei. Le andò incontro. Oscar, da lontano, si accorse di André e, anche lei, non resistette ad andargli incontro. César e Artaq correvano, sempre più vicino, sempre più vicino…
“Oscar…”.
“Ciao André”.
«  Ciao »
Non riuscivano a parlare, tanta era l’emozione e la gioia di entrambi.
“Beh… ti accompagno…”
“Si, andiamo”
Stavolta era André che la precedeva, in silenzio: avrebbe voluto gridare la sua felicità al mondo intero, ma non era il caso…
Com’era bello André: il viso e le braccia imperlate di sudore, le muscolose gambe lungo i fianchi del cavallo, le mani forti che riuscivano a tenere le briglie con eleganza… era come se stesse vedendo il suo migliore amico per la prima volta, come non aveva mai fatto; era bellissimo, lo ammirava estasiata, lo desiderava, lo amava.

(1) Questa poesia non è mia, ma di una mia cara amica, nonché compagna di classe Cinzia, che mi ha prestato gentilmente la sua creazione per la ff.
(2) E’ impensabile che Oscar faccia un viaggio dalla Normandia a Parigi nel giro di una mattinata ma… fa niente, è solo una ff.

 
Fine 4° parte

                                                                                                                       Cetty
 

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